E' Gesù a parlare, il Gesù mansueto ed umile, il quale ci indica il modo di impadronirci del regno... ci stupirà, ma quel modo è con forza e "violenza"!
"Quando vi mandai, senza borsa, senza sacca da viaggio e senza calzari, vi è forse mancato qualcosa?" Essi risposero: "Niente". Ed Egli disse loro: "Ma ora chi ha una borsa la prenda; così pure una sacca; e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una" (Luca 22: 35,36).
Non è di forza fisica né di violenza umana né di spada affilata ciò di cui parla il Signore, ma di forza spirituale incrollabile nella forza di Dio; di "violenza" nella decisione ferma e irremovibile di far proprio il Regno di Dio, nel quale, per mezzo del sangue di Cristo, siamo stati dichiarati un regno e sacerdoti; vibrando "una spada" in difesa, ma anche in attacco per distruggere, per mezzo della Parola, ogni ragionamento che si eleva contro la conoscenza di Dio (2 Corinzi 10:5). Il regno quindi può essere conquistato in questo modo: diventando dei violenti contro sé stessi (Matteo 10:37,39); fino a subire, se necessario, anche la morte come fecero i nostri antenati nella fede che persero tutto in questo regno visibile e terreno, per conquistare eternamente, con la loro costanza, il regno invisibile: quello celeste!
Il sentiero è ben tracciato dunque nella costanza dei santi che osservano i comandamenti di Dio e la fede in Gesù (Apocalisse 14:12); e la testimonianza di Gesù (Apocalisse 12:17), fino ad essere violenti a tal punto da subire anche il martirio per la Parola di Dio e la testimonianza resa (Apocalisse 6:9).
Questo era "il sangue che scorreva nelle vene di nostri padri" che li faceva prendere posizione e reagire testimoniando apertamente.
Ora un altro tipo di sangue scorre nelle vene: il pacifismo interpretato in modo erroneo, il non reagire per non fare il gioco degli avversari. Alle spalle e di nascosto, infatti, si può dire di tutto, l'importante è ...non reagire! Vincere con quel che viene definito "amore" che non avverte dell'imminente pericolo; non giudicare che porta ad accettare ogni ideologia come essendo una parte della verità.
Nel regno di Dio vincono "i violenti"; nel regno del principe di questo mondo i pacifisti... la domanda da porsi è: a quale regno appartengo?
Daniela
Il sentiero è ben tracciato, è quella della fedeltà alla Parola dell'Eterno. La sua grazia ci assista sempre nel cammino.
RispondiEliminaAmen.
Da Riforma n. 31.
RispondiEliminaC’è un interpretazione ricorrente negli ambienti critici-storici (in particolare quelli valdesi che oggi si trovano anche in sintonia col papa) che bisogna “tout-court” astenersi dal giudicare. È un alibi per non ricevere critiche e per non farle. Una specie di omertà: tu non mi critichi (giudichi) ed io non ti critico (giudico), vedi come ci vogliamo bene! Questo non è l’amore che ci ha insegnato Gesù Cristo e gli apostoli. La Bibbia non sollecita il credente a gettare il cervello all’ammasso. Il testo di Matteo commentato in prima pagina di Riforma n. 31, non parla del danno eventuale di un giudizio sbagliato o inappropriato (il che è possibile, bisogna evitarlo e chi commette quell’errore è saggio se lo riconosce), piuttosto invita a non praticare “una nostra giustizia”, quella che non tiene conto dalla giustizia di Dio e delle sue leggi (la Sua Parola) che solo esse possono convincere di peccato e di giudizio. Soprattutto non si mette al posto di Dio, né per graziare, né per condannare.
L’autore dice: noi, i puri, contro il mondo dei corrotti, dei pelandroni, degli imboscati, degli evasori, dei mafiosi, dei delinquenti in genere. E proprio autocollocandoci nella schiera dei giusti ci possiamo permettere il perdonismo a buon mercato che oggi va tanto di moda.
A me sembra che il messaggio in prima pagina dell’ultimo numero di Riforma (n. 31), sia un messaggio evangelico annacquato. Questo articolo si conclude con un moralismo e una spiritualità verbale e superficiale. Esso cita la carità dimenticando la giustizia. Scrive Bo: Chi perdona conosce l’altro e ne condivide dolore e colpa, non assolve il reo (perché chi sbaglia deve pagare) ma usa carità verso l’uomo, verso il fratello. E non giudica, prega. Dopo questa analisi io chiederei all’autore: “cosa potrebbe o dovrebbe dire nella preghiera il suo interlocutore? Purtroppo nelle chiese valdesi o non si prega o si prega in silenzio, così nessuno sa cosa pensa l’altro. E lo Spirito di Dio è soffocato.
I seguenti testi di Paolo ci dicono invece che per giudicare bisogna avere discernimento o saggezza. Essi però non escludono a priori il giudizio, come sembra proporre l’autore dell’articolo con l’antitesi della preghiera. Se mai la preghiera dovrebbe contenere la richiesta a Dio – qualora ce ne fosse bisogno – di un maggior discernimento perché il giudizio possa essere utile al beneficiario dell’intercessione. Esempi di uomini nella Bibbia che lo hanno fatto ce ne sono. Dove sono quegli uomini oggi, se si predica solo che “non bisogna giudicare”? Che poi questo lo abbia detto il papa Francesco è il colmo. Cosa ne direbbe Lutero di questa riappacificazione?
Ecco una lista di testi che contraddicono quanto scritto da Bo su Riforma.
Giudicare sì, ma attenzione!
Rm 2:1 Perciò, o uomo, chiunque tu sii che giudichi, sei inescusabile; poiché nel giudicare gli altri, tu condanni te stesso; perché tu che giudichi, fai le medesime cose.
1Cor 6:3 Non sapete voi che giudicheremo gli angeli? Quanto più possiamo giudicare delle cose di questa vita!
Rm 14:13 Non ci giudichiamo dunque più gli uni gli altri, ma giudicate piuttosto che non dovete porre pietra d'inciampo sulla via del fratello, né essergli occasion di caduta.
1Cor 4:5 Cosicché non giudicate di nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre, e manifesterà i consigli de' cuori; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio.
A questo testo probabilmente alludeva papa Francesco. Lui sta già giudicando quelli di dentro. E noi valdesi, lo facciamo?
1Cor 5:12 Poiché, ho io forse da giudicar que' di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro?
1Cor 10:15 Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi di quello che dico.