Efesini capitolo 1
Il sentiero della luce è unico, primeggia e non può essere confuso con un altro perché ha come guida le indicazioni della Parola vivente di Dio.
In quel sentiero ogni sguardo è diretto e si posa su Cristo e sull'infinità di ciò che egli è nella posizione elevatissima che occupa; sull'immensità della sua opera eterna nel tempo, nello spazio, e nella consistenza numerica di anime salvate nei secoli.
Niente è più profittevole dell'essere consapevolmente attratti dal Centro di luce che non si spegne sul sentiero della luce dove lo Spirito Santo è stato mandato, da parte del Padre, per dirigere gli sguardi e i cuori sul Figlio, essendone testimone (Giovanni 15:26), illuminandoci per farci gustare l'eternità dove il Signore occupa il primato, perché a Dio è piaciuto di fare abitare in lui tutta la pienezza
.
L'aria che si respira in questi luoghi è il primato che occupa lui, Cristo, nel quale, per mezzo del quale, e in vista del quale tutto ciò che esiste, le cose visibili e le invisibili, sono state create.
Qui non c'è più da scoraggiarsi, perché le pietre dell'inimicizia con Dio sono state rimosse e non rischiano più di farci inciampare; per mezzo di quel "Centro" fisso che è Cristo, la riconciliazione è stata stabilita per sempre, tanto per le cose che sono sulla terra, tanto per quelle che sono nei cieli.
Il sentiero è Lui; l'aria che si respira è Lui; il cibo è Lui, l'acqua è Lui, la possibilità e la forza di essere liberati dalle tenebre, di essere trasportati nel regno della luce, di essere redenti, perdonati dai peccati, di essere riconciliati per poter comparire santi, senza difetto e irreprensibili sono in Cristo e per mezzo di Cristo; e se ogni conoscenza, ogni amore, ogni guida, ogni pastore, ogni chiesa non hanno come obbiettivo Lui, Cristo nella sua pienezza, in tale caso al dubbio è lecito agire, ma a quel genere di dubbio che permetta di innescare il meccanismo di ricerca del giusto sentiero, del sentiero della luce dove le parole del Signore recano ciò di cui ogni cuore umano è assetato: la completezza della gioia, (Giovanni 15:11) che si manifesta poi nel dare e nella buone opere.
(Daniela)
(Arthur W. Pink) "La "gioia nello Spirito Santo" (Romani 14:17) è una realtà completamente diversa dall'allegria dell'uomo naturale. Essa è prodotta dal Consolatore che abita in noi. Egli ci rivela Cristo, risponde a tutti i nostri bisogni relativi alla purificazione e alla giustificazione, ci fa vivere in pace con Dio e forma Cristo in noi, portandoci ad essere sottomessi alla sua volontà affinché solo lui regni in noi. Nessuna sofferenza o tentazione può impedirci di obbedire al comandamento della Scrittura di rallegrarci sempre nel Signore. Colui che ha stabilito questo concetto conosce il lato oscuro della nostra vita, ossia i peccati e i travagli che ci opprimono e sa bene che dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazioni. L'ilarità dell'uomo naturale non può elevarlo al di sopra delle afflizioni terrene e presto svanisce dinanzi alle difficoltà della vita. Ad esempio, si spegne di fronte alla perdita dei beni materiali o la perdita di una persona cara, ma la gioia, frutto dello Spirito, non dipende dal temperamento o dalle circostanze, né fluttua secondo l'andamento dell'umore o della buona sorte. La nostra natura, ovviamente, non può fare a meno di essere partecipe delle circostanze che affronta, come Gesù quando pianse davanti alla tomba di Lazzaro. Comunque, come Paolo dobbiamo poter esclamare: Afflitti, eppure sempre allegri" (II Corinzi 6:10). Un cristiano può essere carico di grandi responsabilità, può dover affrontare avversità, i suoi piani possono andare all'aria e le sue esperienze essere deluse, può perdere persone care che gli hanno dato gioia, tuttavia, nonostante tutte queste delusioni e afflizioni, il Signore continua a comandargli: "Rallegrati". consideriamo l'atteggiamento degli apostoli nella cella sotterranea più profonda, con i piedi nei ceppi e le spalle sanguinanti e doloranti per le terribili frustate che avevano ricevuto. Cosa facevano? Brontolavano? Si lamentavano e pretendevano spiegazioni sul perché di un tale trattamento? No, piuttosto leggiamo che "verso mezzanotte Paolo e Sila, pregando, cantavano inni a Dio" (Atti:16:25). Non c'è nessuna ribellione nel loro cuore, camminavano nell'obbedienza e così lo Spirito Santo rivelava ai loro cuori le cose che riguardavano Cristo. Per questo erano tanto ripieni da "straripare". Se vogliamo mantenere la nostra gioia, dobbiamo evitare di contristare lo Spirito Santo. Quando Cristo regna, il cuore è pieno di gioia. Se Cristo è davvero il Signore di ogni desiderio, la sorgente di ogni motivazione e il Padrone di ogni concupiscenza, allora la gioia riempirà il cuore e la lode sgorgherà dalle labbra. Affinché questa sia costantemente la nostra esperienza dobbiamo prendere ogni giorno la nostra croce. Dio ha ordinano che non ci sia nessuna corona senza croce! Rinunciare a se stessi, tagliare la mano e cavare l'occhio che porta a peccare sono i metodi che consentono allo Spirito di dimorare in noi, arrecando la gioia del sorriso di Dio, la certezza del suo amore e della sua presenza. Molto dipende dall'atteggiamento con cui affrontiamo ogni nuovo giorno: se ci aspettiamo che le persone ci coccolino saremo delusi e irritati, se desideriamo che il nostro orgoglio sia soddisfatto saremo avviliti quando questo non avverrà. La legge della felicità è dimenticare se stessi per cercare la felicità degli altri. "Vi è più gioia nel dare che nel ricevere" (Atti: 20:35).
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