lunedì 6 gennaio 2014

Storia della Val Pellice

Le origini

Fin dai tempi antichissimi la valle del Pellice fu abitata, almeno nella parte meno impervia (con tutta probabilità ricoperta da foltissime foreste) da tribù celto- liguri; lo starebbero a dimostrare, oltre che diversi oggetti ritrovati nei secoli scorsi, il suffisso celtico- ogna, indicante acqua corrente che compare nei nomi dei torrenti Angrogna e Ciamogna.
I Vioelli (o Vibelli) ne furono i più antichi abitatori di cui si ha qualche ricordo storico: il loro centro principale e capitale doveva essere Bibiana (Forum Vibii), posto all'ingresso della valle dove la pianura era più fertile. Essi facevano parte del famoso regno di Cozio da cui prese il nome la catena delle nostre Alpi.
Verso il secondo secolo dopo Cristo i Vibelli, come ogni altra popolazione alpina, furono incorporati all'impero romano e vennero lentamente assimilati in modo tale da perdere ogni individualità. Sembrerebbe poi che, già nel V sec. dopo Cristo, la valle del Pellice fosse in comunicazione col vicino Queyras mediante un valico assai frequentato per scambio di prodotti delle due zone.

I Saraceni

Dei secoli del Medio Evo ben poco si sa: sola cosa certa è che dal 900 fino verso il 1000, i Saraceni occuparono il Piemonte da cui vennero ricacciati dopo circa un secolo di dominazione: Sarzenà (Cercenata) e Payant (Li Paìant) due nomi del villaggio di Bobbio Pellice, richiamano del resto molto la parola "saraceno" e i "pagani" e testimonierebbero assai chiaramente sulla terribile invasione che portò rovina e distruzione anche nella valle del Pellice.

I Valdesi

Ma la storia vera e propria è strettamente legata alle vicende che i valdesi dovettero subire durante dei secoli di lotte terribili per cui, con lo schizzare una seppur breve e concisa storia della valle, non potremo fare a meno di parlare di essi e di ricollegarci alla loro storia.
Infatti, circa due secoli dopo la cacciata dei Saraceni dal Piemonte, vale a dire nei primi anni del '200, con la crociata contro gli Albigesi (1207), i discepoli Pietro Valdo o Valdès, detti "Poveri di Lione" furono costretti a fuggire dalla Francia meridionale: è presumibile che, fin dai primi anni del '200, una parte di loro venisse a stanziarsi nelle valli al di qua dello spartiacque alpino che, da loro presero successivamente il nome di  "Valli Valdesi".
Accolti benevolmente dai signorotti locali che vedevano accrescersi così con la loro popolazione la prosperità dei loro territori e delle gabelle da loro percepite, non tardò molto che, sotto l'imposizione di Roma, i Duchi di Savoia permisero agli inquisitori di iniziare il loro triste lavoro nelle valli. Se ne hanno accenni storici fin dal XIV e XV secolo.
Nel 1484 si ha infatti il primo intervento delle truppe ducali a cui fa seguito, nel 1488, una crociata promossa da Innocenzo VIII.

La Riforma e le lotte

Con la Riforma (1517), a cui i valdesi aderiscono col sinodo di Chanforan del 1532, aumenta anche notevolmente il loro numero e allo stesso tempo essi possono praticare più tranquillamente il loro culto. Ma nel 1559, quando Casa Savoia ricupera col trattato di Chateau-Cambresis tutti i suoi domini comincia un nuovo periodo di lotte terribili.
Il conte della Trinità conduce la campagna del 1560 e del 1561; ma ad Angrogna ed a Villar Pellice è respinto dalle forze valdesi che si difendono con estremo accanimento. Col trattato di Cavour, del 5 giugno del 1561, la lotta viene momentaneamente interrotta: i "barbetti" possono, entro un certo limite territoriale, praticare il loro culto come già avevano potuto all'inizio.
Nel 1655 si hanno i massacri conosciuti sotto il nome tristemente famoso di "Pasque Piemontesi", in cui le truppe piemontesi e francesi, sotto la guida del marchese di Pianezza si abbandonarono ad inaudite crudeltà ed al massacro bestiale.
I valdesi, fuggiti momentaneamente dai territori occupati, si organizzano nei territori del vicino Queyras e sul lato sinistro della val Chisone da dove ritornano alla conquisa della loro terra. Si hanno aspri e sanguinosi combattimenti a Rorà, alla Vacera, alle Porte di Angrogna, a S.Secondo, a d Osasco. Carlo Emanuele II, soprattutto per pressione di Cromwell, dell'Olanda e dei Cantoni protestanti e con l'intermediario della Francia, firmava nel 1655, a Pinerolo, una patente per cui i valdesi ritornavano alla condizione della metà del secolo secondo XVI.

L'esilio

Se la pace religiosa sembrava essere ormai raggiunta, così, tuttavia non fu: perché il re di Francia (Luigi XIV),  con la revoca dell'Editto di Nantes (1685), premette sul Duca si Savoia (Vittorio Amedeo II) perché agisse analogamente contro i valdesi.
Inizia così un nuovo periodo di lotte sanguinosa in cui i valdesi combattono gloriosamente per la vita e la fede, alle Barricate, alla Vacera, a Cian Ramà, a Barma d'Aut (vallone di Subiasco) contro le soldatesche del maresciallo Catinat.
Nel 1686 le vallate (e con esse quella del Pellice) sono desolate: più di 12.000 i prigionieri nelle carceri piemontesi, pochi gli scampati, successivamente si ritirarono a Ginevra.

Il glorioso rimpatrio

Dopo due tentativi, andati a male, di far ritorno alla loro terra, nel 1689; 972 valdesi sotto la guida di Enrico Arnaud (monumento a Torre), conducono a termine una fantastica marcia alpina compiuta a piedi in 10 giorni, attraverso i colli dell'Iseran, del Moncenisio e di Costapiana per circa 240 chilometri, giungendo, in settembre, nelle loro terre ove, appena ritornati dall'esilio, devono ancora sostenere, per 8 mesi, dure e sanguinose lotte contro le truppe francesi e piemontesi (assedio della Balziglia in Val Germanasca). l'episodio è noto col nome di "Glorioso Rimpatrio".

La libertà

Ma proprio allora scoppia la guerra tra Francia e Piemonte e così i valdesi, che passano al servizio del loro signore territoriale, riconquistano in parte la loro tranquillità che verrà loro riconosciuta solo il 17 febbraio 1848, con l'Editto di emancipazione di Carlo Albero.

"Passato Bricherasio,
s'apre
con maestà graziosa
la bella
Valle del Pellice,
dai due lati della quale,
s'alzano il Vandalino,
superbo e triste,
e la Gran Guglia
e i monti d'Angrogna,
e il Frioland...
...e su tutta questa bellezza
una gran pace.
(Edoardo De Amicis)
(Guida storico-turistica della Val Pellice).


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