sabato 15 febbraio 2014

Il "gran giorno" dei Valdesi

L'Editto d'Emancipazione fu firmato il 17 febbraio ma la notizia non fu diffusa che il 24 e fu portata da Torino alle valli dal giovane Parander inviatovi dal pastore Amedeo Bert, valdese, cappellano della colonia straniera di Torino, che aveva validamente collaborato, anche per la stima che lo circondava a questa vittoria.

Il Parander a cavallo, galoppando tutta la notte, giunse a Torre il mattino del 25 febbraio: egli dovette quella notte passare dinanzi al castello di Miradolo, dove, nel 1686, avevano languito tanti valdesi e donde, in seguito alle pressioni degli stati europei protestanti, erano stati messi fuori in pieno inverno e avviati attraverso le montagne in una marcia massacrante verso la Svizzera.

Il giovane, entusiasta, apportatore della grande notizia, passando di notte per Miradolo ha la visione di una turba incatenata: rivede i suoi antenati che si volevano allora sterminare, la sua razza che doveva essere estinta, e grida il suo disprezzo agli aguzini e la sua esultanza per la notizia che porta.

Il 1848, l'anno delle Costituzioni largite a tutti i popoli in quasi tutti gli stati europei (in molti di poi annullate, ma non nel Piemonte).

Il "Diciassette Febbraio" è il gran giorno dei Valdesi.

In esso si commemora appunto la promulgazione fatta dal Re Carlo Alberto auspice il Marchese Roberto d'Azeglio, del cosidetto "Editto d'Emancipazione".

Per questo edito, dopo secoli e secoli di leggi umilianti e chiusi fra le montagne, in ben circoscritti limiti, come in ghetto, i Valdesi sono finalmente ammessi a godere i diritti civili e politici, equiparati agli altri cittadini.
FIno allora i Valdesi non potevano possedere case oi terreni in pianura; era loro vietato di frequentare le Università se non per adire a quelle libere professioni che poi soltanto fra i correligionari avrebbero potuto esercitare, cioè notaio, dottore, farmacista, geometra.

La domenica 27 Febbraio, secicento Valdesi recatisi a Torino presero parte alla sfilata imponente delle deputazioni degli Stati Sardi giunti alla capitale per testimoniare la loro riconoscenza al Re costituzionale. I posti nel corteggio erano fissati a sorte, ma il D'Azeglio volle che i Valdesi fossero i primi: "Sono stati troppo tempo gli ultimi!" diss'egli.

Allo scopo di perpetuare il ricordo di tale avvenimento, il Sinodo decise che il 17 Febbraio fosse celebrato in tutte le chiese e le scuole valdesi, e così è stato.

E il 17 febbraio è diventato la festa valdese.

I FALO' DEL POPOLO VALDESE
"O fratel mio che meco sali
"nova una stella sul monte s'accende
"e un'altra...e un'altra su ogni vetta appare
"e fanno cenni come a salutare..."
 Sono i falò del popolo Valdese!
"Fratello che a me chedi, tu ben sai
"come ogni pietra che il tuo piè ascese
"rechi d'una saguigna orma una storia,
"Quelle "stelle" ne avvivan la memoria.
Sono i falò del popolo Valdese!
"Fuochi di gioia poiché la giustizia
"la libertà da noi sì a lungo attese
"son ginte e forse viene una gran ora,
"Ascolta, dicon molte cose ancora
oggi i falò al popolo Valdese:
"Su! aduna, ammucchia tutti i tuoi sarmenti,
"l'arido strpo che frutto non rese,
"il tralcio vano, lo spino, ogni scoria!
"Fanno un falò per la tua nuova storia,
e sarai grande, o popolo Valdese!
"Sprizzi la fiamma, accesa alla scintilla
"che tanto a lungo il cuore tuo difese,
"distrugga, esalti, impetuosa e forte
"vessillo di vittoria in vita e morte,
segnal sacro a Te, popol Valdese!
"E l'ineffabil vento dello Spirito
"come turbine a cui nulla contese;
"mar di fiamme trabocchi il colle, al piano
"e fino all'orizzonte più lontano!
 "Orsù: fuoco ai falò, popol Valdese!"
(Dal libro "O paese, paese, paese... " di Ada Meille

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