sabato 14 maggio 2016

La sovranità di Dio secondo elezione, nella Sua misericordia.

J.N.Darby (Esposizione dell'epistola ai Romani, cap. 9)

"... E adesso l'apostolo introduce la sovranità di Dio.
Possiamo notare che l'elezione, di cui parla l'apostolo qui, non è l'elezione nazionale, ma precisamente il contrario. Gli ebrei reclamavano questa elezione nazionale e l'apostolo rovescia questa pretesa dicendo: "Voi pretendete di essere figli, esclusivamente figli della promessa, come discendenza di Abrahamo; ma è scritto: "In Isacco ti sarà riconosciuta una discendenza"(Rom. 9:7).
Gli Ismaeliti hanno gli stessi diritti di voi ebrei se possedete le promesse come discendenti di Abrahamo secondo la carne. "Oh!" dice il Giudeo, Ismaele è uno schiavo, non un vero figlio della promessa!" Senza dubbio, ma il fatto che Ismaele discenda da Abrahamo secondo la carne, dimostra che non sono i figli secondo la carne che sono figli di Dio, ma i figli della promessa...non è tutto: quando Rebecca concepì da uno , Isacco ( e qui il termine di "schiavo" non può sevire da sotterfugio), prima che i gemelli fossero nati e che avessero fatto del bene o del male, è detto: "Il maggiore servirà il minore". Se il Giudeo rivendica il suo diritto di discendenza secondo la carne, è necessario accordare lo stesso diritto agli Edomiti, discendenti di Esaù; se non vogliono consentirlo, bisogna che essi accettino la sovranità di Dio secondo elezione.
Dio usa la Sua sovranità in favore delle nazioni come pure nei confronti dei Giudei (v.24). Ma prima di arrivare lì, l'apostolo tratta qualche altro punto e obiezione che non possiamo ignorare.
Al versetto 14, troviamo l'obiezione ordinaria, che se è così vi è dell'ingiustizia in Dio. Egli risponde e stabilisce questa sovranità citando Mosè: "Io avrò misericordia di chi avrò misericordia e avrò compassione di chi avrò compassione". 
Era la sovranità di Dio, ma quella della misericordia. E' l'iniquità che ha dato occasione al pronunciamento di queste parole e anche quelle citate dopo; poiché la sovranità nella grazia e nella compassione suppone il male, e il perdono non si collega al bene.
In effetti Israele aveva fatto il vitello d'oro, e Dio li aveva minacciati di essere sterminati; ma, dietro l'intercessione di Mosé (tipo di Cristo), Dio si ritira nella Sua sovranità per risparmiarne alcuni. Se Dio non fosse stato sovrano, se avesse agito "in giustizia", tutti, tranne Mosè e Giosuè, sarebbero stati sterminati; ma Dio era sovrano, e poteva usare misericordia, e l'ha fatto.
L'apostolo ne deduce questa conclusione generale: "Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia" (v.16); l'uomo non può giungere ad alcuna giustizia coi suoi sforzi, ma Dio fa misericordia all'uomo ingiusto.


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