In memoria di Goffredo Varaglia
Goffredo (o Gioffredo o Giaffredo) Varaglia, nato intorno al 1507 a Busca (in Val Maira, in provincia di Cuneo) e ordinato sacerdote nel 1528, fu un valente predicatore dell’ordine dei cappuccini e un buon teologo. Le sue caratteristiche fecero sì che la Chiesa di Roma lo scegliesse per predicare nelle Valli Valdesi, vicino quindi alla sua zona di origine. Tuttavia, lo studio delle dottrine valdesi, insieme a un’ammirazione per la figura del Vicario Generale del suo ordine, Bernardino Ochino, fuggito nel 1542 in Svizzera per diventare protestante, provocò una crisi religiosa in Varaglia, che verso i quarant’anni decise di deporre il saio. Posto sotto inchiesta nel 1552 con altri 12 suoi confratelli, Varaglia fu chiamato a Roma, dove l’inchiesta non riuscì a stabilire la sua colpevolezza. Fu allora posto agli arresti domiciliari per cinque anni, fino al 1557, quando, al seguito del legato pontificio presso la corte di Francia, si recò Oltralpe.A Lione, tuttavia, Varaglia venne nuovamente in contatto con le idee della Riforma, e prese la decisione di recarsi a Ginevra, dove, sempre nel 1557, fu nominato predicatore (o ministro della Parola) calvinista. Fu quindi inviato nella Valle d’Angrogna, in Piemonte, a istruire nuovi fedeli. Dopo cinque mesi di predicazioni, verso la fine del 1557, Varaglia fu invitato nel suo natìo paese di Busca per disputare con il francescano Angelo Malerba. La disputa e la preparazione teologica di Varaglia ebbero una notevole risonanza tra le famiglie della zona. Purtroppo, durante il viaggio di ritorno, fu arrestato a Barge, dove subì un primo interrogatorio, e poi condotto a Torino per essere rinchiuso nelle carceri del Parlamento. Qui dovette sottostare, anche da parte di alti ecclesiastici, a lunghi ed estenuanti interrogatorî: in uno di questi, quando gli fu chiesto quanti erano i predicatori venuti da Ginevra, disse che erano 24, ma che altri erano pronti a seguirli e che il numero sarebbe stato così elevato da non trovare abbastanza legna da bruciarli tutti!
Poco dopo, fu sconsacrato nella cattedrale di Torino e, il 29 marzo 1558, salì sul patibolo in Piazza Castello: fu dapprima strangolato, poi il suo corpo fu bruciato. Prima dell’esecuzione, si rivolse al boia dicendo: Amico mio, io ti ho di già perdonato, et hora di nuovo ti perdono con tutto il cuore”. Il posto, lasciato vacante da Varaglia, fu offerto da parte dei pastori di Ginevra nel 1559 a Scipione Lentolo, che scrisse probabilmente l’unica opera storica dell’epoca sui Valdesi, dal titolo: Historia delle grandi e crudeli persecutioni fatte ai tempi nostri in Provenza, Calabria e Piemonte contro il popolo che chiamano valdese, on cui entrò in polemica con i nicodemiti, esaltando il martirio di coraggiosi personaggi, come appunto Goffredo Varaglia. La fedeltà al Vangelo richiede talvolta quel coraggio che manca là dove Dio non è conosciuto.
Segnalazione: Sabato 11 novembre 2000, nel corso di una solenne cerimonia in Piazza Castello a Torino, è stata scoperta una lapide in memoria del pastore Goffredo Varaglia, nato a Busca nel 1508 e condannato dall’Inquisizione alla morte sul rogo il 29 marzo 1558. La lapide bronzea, con la scritta commemorativa, è collocata su una pietra della pavimentazione che lastrica la storica piazza del capoluogo piemontese, nello stesso punto in cui si ritiene che sia avvenuta l’esecuzione della condanna a morte di Varaglia, tra Palazzo Madama e l’innesto di Via Garibaldi. È possibile “scaricare” l’immagine della targa dedicata a Varaglia da:
www.chieracostui.com.
Dal libro: "I confessori della verità nelle valli del Piemonte"
Dal libro: "I confessori della verità nelle valli del Piemonte"
Le chiese valdesi chiesero un pastore che potesse predicare in italiano. Fu mandato Goffredo Varaglia e gli fu affidata la parrocchia di San Giovanni. Eccolo dunque in quelle stesse valli dove suo padre aveva condotto una crociata persecutoria. Oh! Quanto le vie del Signore sono diverse dalle nostre! Il figlio fu chiamato a prendersi cura, come pastore, dello stesso gregge che il padre aveva voluto sterminare.
Dopo aver trascorso qualche mese nelle valli, desiderò vedere la piccola citta di Busca, dov'era nato.
Tuttavia, questo viaggio non era senza pericolo; lo avvertirono che sarebbe stato spiato dai nemici, ma sembra che con gli anni il suo coraggio fosse aumentato, e l'ardore della gioventù ritornò sotto i suoi capelli bianchi con il fervore evangelico. E' che la vita dell'anima è, per gli anziani, una gioventù senza declino, l'aurora dell'immortalità.
Egli ebbe comunque la soddisfazione di visitare la sua famiglia e di edificare i fratelli di Busca, senza che gli capitasse nessun incidente. Ma, al suo ritorno, passando per Barge, ai piedi del Viso, fu denunciato dal priore dell'abazia di Staffarda, alla quale fu ceduta, nel nono secolo, una parte delle Valli Valdesi; e fu fermato da un luogotenete criminale, nipote dell'arcivescovo di Saluzzo. Lo trattarono con riguardo; una lussuosa dimora era la sua prigione e gli lasciarono anche una certa libertà. Quanti prigionieri avrebbero approfittato dell'occasione per scappare! Ma il credente non è uno di quei papisti di cui il concilio ecumenico del 1415 aveva dichiarato che si poteva venir meno alla parola data senza trasgredire la legge di Dio.
Avendo anche saputo che i riformatori di Bibiana, che facevano parte della sua "parrocchia" avevano intenzione di venirlo a liberare con la forza, fece loro sapere che dovevano astenersi dal farlo e di lasciare agire Dio. Nel frattempo gli editti (editto del 23 luglio 1540, del 21 ottobre 1531) di Francesco I che aveva conquistato il Piemonte e di Enrico II che in quel tempo regnava, autorizzavano contro di lui i più severi rigori.
Dopo vari interrogatori, fu condotto, strettamente legato, a Torino. Le risposte che diede ai suoi giudici, e le considerazioni scritte che presentò per attestare la sua fede, sono un monumento dei suoi talenti, della sua conoscenza, e della sua pietà ( Esse sono state conservate da Crespin fol.418-420).
Il modesto pastore valdese non portò nessuno a cercare il supplizio, ma su quel sentiero si incamminò lui stesso, con una eroica fermezza. Quando gli annunciarono la condanna a morte disse con una voce grave :" Siate certo, Monsignore, che vi mancherà piuttosto della legna per il patibolo che dei ministri dell'Evangelo per suggellare la loro fede; poiché, di giorno in giorno, si moltiplicheranno, e la Parola di Dio dimora eternamente".
La corte, dice Crespin, ordinò la sentenza di morte contro di lui, più per paura di essere rimproverati che per convinzione che egli la meritasse: Oh Pilato, Pilato! Quanto numerosi sono i tuoi discendenti in questo mondo! Goffredo Varaglia fu bruciato vivo su Piazza Castello a Torino, il 29 marzo 1558.
Quando salì sul patibolo, l'esecutore della sua morte si avvicinò, si pensava che andasse ad appiccare il fuoco; niente affatto: s'inginocchio ai piedi del martire, e lo pregò di perdonare la morte che egli stesso stava per infliggergli. :" Non soltanto a te, disse Varaglia, ma a tutti quelli che l'hanno causata". Allora, mentre gli aiutanti esecutori del supplizio, appiccavano il fuoco davanti a lui, il carnefice lo strangolò di dietro, e diverse persone, dice Crespin, testimoniarono che una colomba si mise a volteggiare intorno al fuoco alzandosi poi in alto, e ciò fu ritenuto come un segno dell'innocenza del martire.
Sì, i miracoli della fede sono quelli dell'evangelo; poiché l'evangelo di Cristo è la potenza di Dio per la salvezza di chi crede.(Le confesseurs de la vérité dans les vallées du Piemont. I confessori della verità nelle valli del Piemonte. Documenti : Perrin, Gilles, Léger, Crespin, Rorengo, Fournier, manoscritto nella biblioteca du "petit Sémin a Gap". L'originale è a " Gap" (l'originale è in latino nella biblioteca di Lione)., una copia è a Parigi. Biblioteca dell'Abazia d' Oulx. Manoscritti dei cappuccini missionari. Archivi di Grenoble e dell'antico ufficio dei vescovi, documenti estratti dall'archivio del Santo ufficio e dell' Arcivescovato di Torino, dai vescovi del municipio di Asti di Carignano, Pancalieri, di Caraglio, di Saluzzo e di Susa, infine dall'arcivescovo dell'inquisizione di Roma.).
Bibliografia
- RENATO GIULIANI, Una vita e un martirio da non dimenticare. Goffredo Varaglia e le missioni evangeliche in Italia 1532-1558, Bigarello (MN) Passaggio 2007, Euro 17,00 - pp. 366.. [Acquista qui]
- Biografia di G. V. su www.eresie.it
- Articolo su "Biella protestante"
Cara Daniela,
RispondiEliminaMi ha fatto piacere questa mattina imbattermi nel tuo sito, leggere la tua testimonianza, le tue convinzioni evangeliche, e anche questo significativo sunto della vita di Goffredo Varaglia. Non so se hai sentito della Conferenza che avremo come Edizioni Passaggio il 20 e 21 aprile. Sarebbe bello fare la tua conoscenza. Renato Giuliani (giulianifamily2009@libero.t)