sabato 26 gennaio 2013

La Valle del Pellice

Per rispondere indirettamente alla domanda di una sorella che mi chiede com'era un vero culto valdese, vi tengo compagnia con questo bel racconto.
La valle del Pellice, a chi, risalendo da Pinerolo, vi s'affaccia al ponte di Bibiana, si presenta aperta ed ampia, nel suo pieno sviluppo rettilineo, inquadrata a destra dal Vandalino, a sinistra dal Frioland, nel fondo della catena alpina fra il Granero ed il Bucie. Dalla pianura pinerolese bella e ferace, ci s'inoltra nella lussureggiante campagna di San Giovanni, fra i campi, i vigneti, i prati, i ciuffi d'alberi, sorridono le casette rustiche le ville civettuole. A sinistra s'affacciano lontani i campanili di Luserna, il borgo vetusto che fu per molti secoli cento civile e politico della valle. A destra appare il Tempio Valdese di San Giovanni (1807), dalla caratteristica facciata sormontata da due campanili. E subito sale a nord il pendio del lungo poggio fiorente di San Giovanni che, staccandosi dalla montagna d'Angrogna, si volge verso oriente, digradando lentamente verso il piano, ricco nel basso di campi, di prati, di frutteti, e nell'alto folto di boscaglie, tagliato a metà da una magnifica strada pianeggiante, lungo cui scorre gorgogliando un vetusto canale d'irrigazione, la Bialera Peyrota. Un modesto monumento, all'ombra dei castagni, ne ricorda l'antica origine del 1426, e l'utilissima funzione fecondatrice. La strada costituisce una delle più piacevoli passeggiate che si possono immaginare, tutta ridente di rigogliosa vegetazione. Dinanzi si svolge la mirabile visione della valle, della corona grandiosa dei monti; verso oriente si estende all'infinito la luminosa pianura. San Giovanni presenta così in delizioso compendio il paesaggio valdese, quale sorride nella tranquilla armonia della bassa valle. 
E non par vero che qui, a tante riprese, nei secoli, si siano scatenati i primi assalti delle aggressioni religiose, quando nelle borgate e nei casolari correva la voce che il nemico stava giungendo; e la gente si precipitava fuori alla rinfusa, ed in lunghe teorie risaliva anelante il pendio a ricercarvi lo scampo, ogni tanto volgeva lo sguardo alla casetta lontana, si vedevano da lungi luccicare le armi dei persecutori; poi le fiamme rossastre divoravano le dimore abbandonate. V'è sull'alto del poggio un luogo famoso di rifugio e di difesa, detto Rocciamaneut; le rupi spiccano intorno nell'ombra dei castagni. Qui in tutte le guerre, nel 1484, nel 1560, nel 1655, nel 1686, s'infransero le ondate furibonde dell'attacco nemico. Nel paesaggio tranquillo risuona la memore voce del passato. 
Oltre San Giovanni, la valle si stringe; i monti si accostano, sono imminenti; a sinistra s'innalza la vetta tondeggiante di Rocca Bera, tutta boscosa; a destra la curva maestosa del Vandalino stende sul paese la sua vasta ombra e si piega sul torrione roccioso del Casteruzzo. Appare Torre Pellice, la piccola caratteristica capitale della Valle, circondata e sorrisa dall'esuberante vegetazione che la circonda. All'inizio del paese, laddove sbocca il profondo vallone d'Angrogna, sorse la Chiesa Cattolica di San Martino, inaugurata da Carlo Alberto nel 1844. Lungo la strada del vecchio borgo, s'allineano le case linde, ordinate, dalle finestre e dai balconi fioriti, ai piedi del poggio del Forte, ove, nel ben munito castello, di cui appaiono ancora i ruderi, s'annidarono fino al secolo XVII i soldati persecutori, ed ove all'alba del 24 Aprile 1655 s'alzò con un denso fumo di falò il segnale delle Pasque Piemontesi. Tutto intorno all'abitato, lungo i viali e sul fiorente pendio, sono profuse villette e palazzine e giardini e alberghi e pensioni, che rendono questa località un delizioso centro di villeggiatura e di turismo.
All'estremità occidentale, è raggruppato il nucleo degli edifici ufficiali della Chiesa Valdese, la Casa Valdese col bellissimo monumento di Enrico Arnaud, il Museo, il Collegio, il Convitto, il Tempio, altre costruzioni ancora, che fanno di Torre Pellice il centro della Chiesa e della popolazione Valdese; in cui si riassume la loro vita spirituale, nel passato, nel presente, nell'avvenire; e verso cui si volge il pensiero nostalgico di tutti i Valdesi lontani.
Salendo da Torre Pellice verso l'alta valle, lasciato a destra l'Ospedale Valdese ed il venerando Tempio dei Coppieri (1555), si scorge in alto, oltre il ripido pendio boscoso, ai piedi del torrente del Castelluzzo, un incavo roccioso imminente sul precipizio. E' il Bars d'la Tagliola, l'antico vertiginoso rifugio dei Valdesi perseguitati. L'aspro profilo della roccia spicca nel vastissimo panorama della valle e dei monti, che vi si domina. La tradizione popolare immagina che di notte salga ancora dal precipizio il lamento d'una fanciulla che, durante la guerra religiosa del 1560, si sarebbe gettata a capofitto nell'abisso per sfuggire alle violenze dei persecutori.
La strada risale la valle, serpeggiando attraverso i prati, i campi, i castagni. Ecco il lungo villaggio di Villar Pellice, vigilato dal campanile accuminato del Tempio. Ecco, tre chilometri più su, il nitido villaggio alpino di Bobbio Pellice, vigilato dal campanile accuminato del Tempio. Intorno, oltre i freschissimi prati, s'inerpicano i ripidi pendii, sparsi di casolari, rivestiti in basso dalle ampie ombre dei castagni, in alto dai faggi e dai larici, che si abbarbicano alle rocce fin presso le vette. Qua e là s'aprono valloni profondi, in cui trionfa la libera selvaggia natura dell'alpe. Nella linea vigorosa ed austera del paesaggio, è più spontaneo e chiaro il senso spirituale che invita alla preghiera. Sono più eloquenti le voci che ricordano il passato. Durante tutte le guerre religiose dal XV al XVII secolo, i valloni, le gole, i precipitosi pendii, le rocce inacessibili servivano di adunata, di rifugio, di nascondiglio, di difesa ai fuggiaschi; furono testimoni di fughe, di lotte, di resistenze, di massacri. Nel silenzio della montagna rivivono gli episodi eroici. 
Le vigne e le boscaglie del pendio che sovrasta Villar Pellice ricordano le intrepide vittoriose resistenze della guerra del 1561. A pochi passi da Bobbio, la rustica piramide che sorge sul pianoro erboso di Sibaud, ricorda l'adunata dei Valdesi del Rimpatrio, dell'11 Settembre 1689, ed il loro solenne giuramento di rimanere fino alla morte fedeli al loro Dio, alla loro patria, ai loro capi. Nella selvaggia comba di Subiasco, l'ampio incavo roccioso che ha nome Barma d'Aut, fu più volte, e specialmente nella tragica primavera del 1686, rifugio e fortilizio ai perseguitati per la disperata difesa. Le balze rocciose della comba dei Carbonieri, gli aspri pendii dell'alto vallone del Pellice, risonanti della voce del torrente, tutta quanta la mirabile regione alpina che si svolge intorno a Villar ed a Bobbio fino alle creste, ricordano le gesta di quegli alpigiani in difesa della fede e della patria, ed insieme, nel loro carattere alpestre, esprimono, a chi sa intendere, il profondo senso religioso, il senso solenne della presenza di Dio.  
(Da "Le Valli Valdesi" di Enrico Peyrot)

1 commento:

  1. Magnifico post, e magnifica valle. Sper che prima o poi l'Eterno mi dia la grazia di poterci tornare

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