lunedì 14 luglio 2014

Barbetti


< Scuola dei barba

Sino a pochi anni or sono in Piemonte i valdesi, erano designati, nel linguaggio comune come "barbet", "barbetti", derivato dal nome "barba" (bàrbanus in latino) che nei linguaggi dell'Italia settentrionale indica zio, in senso di parentela anche di persona anziana meritevole di rispetto...Questo però non spiega i valdesi "barbetti". L'espressione, che compare intorno al 1560 con significato dispregiativo negli ambienti di Corte sabauda, e verrà poi usata correttamente nel secolo successivo, deriva dal fatto che nell'età medievale i valdesi usavano indicare con questo termine i loro responsabili, le loro guide spirituali, i "barbetti" sono dunque i fedeli dei "barba". Il primo valdese indicato in questo modo è Martino Pastre nel 1330. Ma perché fare uso di questo termine? Molto probabilmente in polemica con l'uso di chiamare "padre" il prete; uso che contrasta con il detto di Gesù il quale dice ai suoi discepoli: "non fatevi chiamare padre perché avete un solo padre quello in cielo e voi siete tutti fratelli" (Matteo 20:56).

Le poche informazioni sui "barba" valdesi che possediamo si ricavano dai loro processi (sempre finiti con la condanna) e da testimonianze di parte valdese; di particolare interesse è il promemoria che barba Morel di Freyssinière inviò nel 1530 ai riformatori a Strasburgo.
I valdesi avevano avuto da sempre predicatori itineranti ma è nel XV secolo che la figura del "barba" assume lineamenti ben definiti nel quadro di un'organizzazione molto strutturata.
Nella maggioranza dei casi appartiene a una famiglia valdese da lunga data che lo incoraggia e sostiene nella sua scelta. Egli inizia la sua formazione accompagnando un barba anziano che lo conduce nella conoscenza dei luoghi e delle persone che visiterà e lo fa entrare nella sua vita di clandestino, e gli insegna a vivere come un agente segreto in paese nemico, evitando i pericoli, i passi falsi, i delatori.
Per mascherare la loro identità i due barba devono perciò camuffarsi, fanno i mercanti ambulanti, i mulattieri (gli autotrasportatori del tempo), che è naturale vedere andare e venire regolarmente sulle strade, o si fingono pellegrini diretti a qualche santuario.
Ascoltando il compagno più anziano il giovane barba impara a conoscere anche la dottrina valdese, che dovrà poi impartire ai fedeli; per approfondirla egli si ritira inoltre, specie nella stagione invernale meno propizia ai viaggi, in luoghi nascosti dove vive e studia insieme ad altri compagni sotto la guida di un barba esperto. Più che "studiare" dei libri, che al tempo non esistono, impara a memoria brani delle Sacre Scritture e quanto gli è necessario sapere. La cultura in quel tempo si trasmette infatti con la parola, le cose si dicono si raccontano.
Ma il barba ha anche una sua biblioteca, minuscola certo ma  che ne fa una persona istruita in un tempo in cui forse il 5 o il 6% della popolazione sa leggere e scrivere. Una biblioteca è per noi una fila di scaffali con dei volumi allineati, ma quella dei barba sta tutta nella sua mano perché è formata da uno di quei codici che ci sono miracolosamente pervenuti e si trovano nelle biblioteche europee (Ginevra, Cambridge, Dublino). Come è possibile, ci si chiede, far stare tanto materiale in una manciata di foglietti di pergamena di 10 x 14 centimetri? Scrivendo con caratteri minuti e abbreviando.
E in questa biblioteca sta l'essenziale per la predicazione e l'insegnamento: sermoni, catechismi, trattati di teologia, poemi, brani biblici. Alcuni testi sono in latino, la lingua della cultura dl tempo, ma nella maggioranza in una lingua della famiglia provenzale che oggi gli studiosi chiamano "lingua valdese" perché viene usata solo in questi scritti dei barba.
Può essere interessante confrontarla con la parlata odierna. Eccone un esempio dal trattato
Pensiers

Oyt  cosas son que nos deven pensar per chascun dia.
La prumiera es pensar de Dio, del cal es tot don perfeyt, que nos pausan en luy totas las nostras deleitacions e l'esperancza e li goy, e cautemplan lui per las nostras purgacions. Dont dis lo propheta: "Gieta lo teo pensier en Dio, e el nurire tu". E sant Gregori dis: Yo ai perdu tot lo temp que yo no ai pensa de Dio".
Lo segont pensier es del seo Filh, ço es del nostre Segnor Ihesu Christ, ço es de la vita e del la mort de lui; que nos sostegnan tribulacions e angustias per la soa amor, enayma el sostenc per nos peccadors...
Los tercz pensier es de la vita de li sant e de la mort...
Lo quart pensier es de la nostra vita, ço es a saber, al calluoc no sen, cal cosa faczsen...
Lo V pensier es de la nostra mort...czo es del cors, la cal deo esser mot sospeitosa derant li nostre olh...car la mort t'espera en tot luoc...
Lo VI pensier es del dia del Judici, la cal luoc nos sn a rendre raczon de li nostre pecca...
La VII pensier es del l'enfern, que nos desian la corona de la vita eterna. 
(Giorgio Tourn. "I VALDESI. Identità e storia di una minoranza).

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