lunedì 16 maggio 2016

Dotta ignoranza

Dall' "Istituzione della Religione Cristiana" di Giovanni Calvino.

Se i Pelagiani o i Manichei o gli Anabattisti o gli Epicurei (poiché trattando di questo argomento abbiamo a che fare con queste sette) ricorrono, per scusarsi, al carattere necessitante della predestinazione di Dio, non giova alla loro causa. Se la predestinazione altro non è che l'ordine e la manifestazione della giustizia di Dio, irreprensibile benché occulta, essendo chiaro che erano meritevoli di tale condanna, è altrettanto evidente che la rovina in cui cadono per la predestinazione di Dio è giusta e equa. La loro predestinazione è così connessa con la predestinazione di Dio, di modo che la causa e il motivo si devono cercare in loro stessi. Il primo uomo è caduto, perché Dio aveva giudicato questo opportuno. Ma il motivo del suo giudizio ci è sconosciuto. E' comunque certo che lo ha deciso perché ciò contribuiva alla gloria del suo nome. Quando menzioniamo la gloria di Dio, pensiamo anche alla sua giustizia, perché bisogna che quel che meriti lode risulti giusto.
L'uomo dunque cade secondo quel che era stato preordinato da Dio: ma cade per colpa sua. Il Signore aveva affermato poco prima che tutte le cose da lui create erano molto buone (Genesi1:31); da dove deriva la perversità dell'uomo, se non dall'essersi allontanato da Dio? Onde non si pensasse che derivava dalla sua creazione, il Signore aveva approvato con la sua testimonianza tutto quel che aveva messo nell'uomo. Questi dunque ha corrotto con la sua malizia la natura buona che aveva ricevuto dal Signore. E così, con la sua caduta, ha trascinato con sé nella rovina la sua discendenza.
Contempliamo pertanto nella natura corrotta dell'uomo la causa della sua condanna, pittosto che cercarla nella predestinazione di Dio, dove è nascosta e totalmente incomprensibile. E non ci dispiaccia sottomettere il nostro intelletto all'infinita sapienza di Dio, affidandoci a lui in molte cose, che per noi sono incomprensibili.

QUANTO ALLE COSE CHE NON E' POSSIBILE NE' LECITO SAPERE, L'IGNORANZA E' DOTTA; IL DESIDERIO DI CONOSCERLE E' FOLLIA.

Insegniamo anche che è atteggiamento perverso, da parte loro, voler comprendere i segreti di Dio, che sono impenetrabili, per cercare l'origine della loro condanna, lasciando da parte la corruzione della loro natura, da cui essa deriva. Dal fatto che questa corruzione non debba essere imputata a Dio, appare dal fatto che egli ha riconosciuta per buona la sua creazione. Benché l'uomo sia stato creato dalla provvidenza eterna di Dio per poi arrivare alla condizione di miseria in cui si trova, egli ne ha tuttavia tratto da sé stesso la sostanza, e non da Dio. Infatti è perito unicamente peché, dalla pura natura che Dio gli aveva dato, è degenerato in una condizione di perversità.

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